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Sabato 10.07.2021
“TERROIR MAGICI” ETICHETTE A CASTELLO

Una grande e articolata mostra itinerante di etichette da vino sbarca nei castelli di Langhe e Roero, sintesi di cultura, architettura e paesaggio. E’ questa la nuova iniziativa estiva promossa dalla Barolo & Castles Foundation e dal WiMu-Wine Museum in occasione di Barolo Città Italiana del Vino 2021 il cui programma si prepara a entrare nel vivo con l’arrivo dell’estate, l’apertura prolungata di musei e castelli e il ritorno del turismo, anche internazionale. 

LA MOSTRA IN OCCASIONE DI BAROLO CITTÀ ITALIANA DEL VINO 2021 

Non è la prima volta che le etichette “escono” dalla loro sede permanente, il WiLa a Barolo. Ma per la prima volta, fino al 30 settembre si propone tra le colline di Langhe e Roero un unico itinerario tematico, distribuito in tre tappe e altrettanti castelli, tutti di pertinenza della Barolo & Castles Foundation. E il tema scelto è “Terroir magici”, ovvero un’avvincente e approfondita esplorazione dei territori più originali, caratterizzati o estremi, in cui si pratica la viticoltura, individuati a ogni latitudine del globo e attentamente ricostruiti grazie al piccolo, ma prezioso strumento di informazione e racconto che è l’etichetta. 

“Terroir Magici” ha coinvolto il comitato tecnico di Barolo 2021 e il Comitato scientifico del WiMu e l’organizzazione della mostra diffusa è stata possibile grazie all’appoggio dei Comuni di Barolo, Magliano Alfieri e Serralunga d’Alba. 

«La Collezione Internazionale di Etichette Fondo Cesare e Maria Baroni Urbani – dice il sindaco di Barolo, Renata Bianco – rappresenta per il nostro WiMu e il territorio un patrimonio che, fin dalla donazione fatta al Comune di Barolo da parte del professor Baroni Urbani, intendiamo divulgare e condividere con quante più persone e appassionati. Siamo fieri quindi di intraprendere un’altra iniziativa che possa coinvolgere anche gli altri castelli della Barolo & Castles Foundation in occasione del calendario di Barolo Città Italiana del Vino 2021». 

«Il fitto programma messo a punto dal comitato tecnico di Barolo 2021 e il comitato scientifico della Barolo & Castles Foundation, con i vari partner, è stato pensato soprattutto per fare sinergia con tutto il territorio di Langhe e Roero in questo grande momento di festa e condivisione di Barolo Città Italiana del Vino – aggiunge il presidente della Barolo & Castles Foundation, Claudio Bogetti –. La mostra diffusa nei castelli di Barolo, Magliano Alfieri e Serralunga d’Alba è un chiaro esempio di come questo territorio sappia lavorare facendo rete e cogliendo le opportunità. Rendere più fruibile un patrimonio prezioso come quello delle etichette custodite al WiLa di Barolo significa anche omaggiare la cultura vitivinicola, il sapere contadino e l’ingegno dei viticoltori di un borgo che ha saputo conquistare il primo titolo di Città Italiana del Vino». 

Queste le sedi e i rispettivi argomenti in cui è articolato il progetto espositivo: 

Castello di Barolo presso il WiLa: Il grande viaggio della vite. Dalla culla ai confini del mondo.
Per scoprire da dove arriva, e fin dove è riuscita ad arrivare, la pianta “migliore amica dell’uomo”.
Etichette da Georgia, Armenia, Iran, Siria, Libano, Grecia, Cipro, Egitto, Tunisia, Spagna, Nuovo e Nuovissimo Mondo.
Visitabile sabato, domenica e festivi, dalle 10,30 alle 19,00 (ultimo ingresso alle 18,00).
Ingresso 2 euro con la possibilità di vedere tutta la collezione del Fondo Cesare e Maria Urbani, con prenotazione.
 

Castello di Serralunga d’Alba: Vini che sfidano le vette:  Perché il castello di Serralunga sfida, a sua volta, il cielo. E perché la vite ama salire, salire fino a quote impensabili. 
Etichette da Valle d’Aosta, Vesuvio, Etna, Vallese, Peloponneso, Perù, Bolivia, Cile, Argentina.
Visitabile sabato, domenica, lunedì e festivi dalle 10,30 alle 13,30 (ultima visita alle 12,45) e dalle 14,30 alle 18,30 (ultima visita alle 17,30). Al termine della visita al castello con accompagnamento guidato, la mostra è fruibile in autonomia. 

Il castello di Serralunga ospiterà, inoltre, la mostra Il Barolo e le Città del Vino, omaggio all’Associazione Nazionale ideatrice del riconoscimento “Città Italiana del Vino”. Il percorso narra le origini del Barolo e dei suoi cru, con particolare riferimento a quelli dell’ospitante Comune di Serralunga, per approdare alle etichette storiche dei 39 Comuni fondatori dell’associazione, che Barolo quest’anno idealmente rappresenta in quanto Città Italiana del Vino 2021. 

Dal 24 luglio al Castello di Magliano Alfieri: Vini di sabbia, di rocche e di antichi mari:  In omaggio al terroir del Roero, un excursus dei più famosi territori viticoli, viticoli, in Italia, in Europa e nel mondo, caratterizzati dalla ricca presenza di sabbie, spesso originate da un antico fondale marino.
Etichette da Roero, Bosco Eliceo, Sulcis, Camargue, Algeria, Pantelleria, Madeira, Colorado, Cuba, Filippine, Nuova Caledonia, Tahiti.
Visitabile sabato, domenica e festivi dalle 10,30 alle 18,30 (ultimo ingresso alle 17,30). La mostra è inclusa nel percorso museale, i cui allestimenti sono visitabili in autonomia.

 

Altri dettagli sul sito www.barolo-piemonte2021.it 

I SOSTENITORI

Sostengono Barolo Città Italiana del Vino 2021: Banca d’Alba, Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani, Raspini Salumi. 
L’iniziativa si tiene con il patrocinio dell’Unione di Comuni Colline di Langa e del Barolo. 

UNA COLLEZIONE DA 282.000 PEZZI 

Le etichette in mostra provengono dal Fondo Cesare e Maria Baroni Urbani, una delle più ampie collezioni di etichette da vino d’uva al mondo. I suoi 282.000 pezzi, singoli e autentici, datano dalla fine del Settecento ai giorni nostri e arrivano da oltre cento Paesi. Il professor Cesare Baroni Urbani, entomologo di fama e docente ora in pensione presso l’Università di Basilea, con una forte passione per il collezionismo, l’ha assemblata in vent’anni di paziente lavoro, fra ricerche e acquisizioni, con l’aiuto della moglie, Maria De Andrade. Le etichette sono state ottenute per lo più direttamente dai produttori. In altri casi, il professore si è visto costretto ad acquistare le bottiglie per spogliarle del loro abito, impresa che può risultare difficile, poiché l’etichetta spesso rappresenta l’unica garanzia del contenuto della bottiglia e, per i vini più noti e costosi, è protetta da potenti colle per impedirne la rimozione. Numerosi esemplari, infine, sono stati ottenuti tramite “scambi” con altri collezionisti, oppure acquistati alle aste.

Le etichette della collezione presentano un importante valore documentario. Offrono informazioni di grande interesse storico o geografico su vini di cui, a volte, non restano più tracce. Molto raccontano dei caratteri del luogo, del tempo e del contesto culturale in cui sono state realizzate. Le dimensioni, la carta di cui sono composte, il tipo di stampa, gli elementi decorativi e gli stili che ne definiscono l’estetica riverberano – prima e indipendentemente dal vino che promuovono – le condizioni economiche, tecnologiche, sociali del mondo in cui quel vino è stato prodotto. Nell’ottobre 2012, la collezione è stata donata al Comune di Barolo ed è entrata a far parte del patrimonio del WiMu-Wine Museum Castello di Barolo, che da quasi dieci anni continua ad accrescerla e a valorizzarla, consentendone la fruizione da parte del pubblico.  

BREVE STORIA DELLE ETICHETTE DA VINO 

La più antica forma di “etichetta”, ovvero di informazioni relative al vino risale agli antichi egizi. Nella tomba di Tutankhamon, Howard Carter rinvenne 36 anfore da vino. Su 33 di esse è indicato il nome del capo cantiniere; due recano la dicitura “vino molto buono”; alcune portano il sigillo delle tenute del faraone. I dati impressi nell’argilla di altre anfore riguardano l’anno di produzione del vino contenuto, il vigneto di provenienza, il nome del proprietario e del capo cantiniere. I greci, veri iniziatori della civiltà della vite e del vino, ci hanno lasciato preziose testimonianze sulle anfore dei vini di Chios: una sfinge e un grappolo d’uva sono il primo “contrassegno” giunto fino a noi. I romani introducono novità di rilievo. Sulle anfore di epoca repubblicana, “l’annata” è sostituita dal nome del console in carica in quel determinato periodo, ma, soprattutto, compare il nome del vino che contengono, quasi sempre associato al territorio di provenienza. Nel Medioevo, il vino è servito travasato in caraffe di terracotta o ceramica, ed è del tutto anonimo per l’avventore. La bottiglia in vetro soffiato, fragile e costosa, diventa uno status symbol nel Cinquecento dell’età moderna, ma la maggior parte di esse è ancora in peltro, ceramica vetrificata, persino legno. L’invenzione della bottiglia di vetro, all’incirca come la conosciamo oggi, si deve all’inglese sir Kenelm Digby, che, nella prima metà del Seicento, sfrutta al massimo le nuove possibilità offerte dai forni a carbone, per dare vita a contenitori dalla forma a bolla e dal collo allungato, finalmente “stabili” e di colore verde o bruno. Nel Settecento, la bottiglia si snellisce e il tappo in sughero diventa la norma. E intorno al 1730, compaiono i bottle tickets, placche in metallo o pergamena recanti il nome del vino, la data di imbottigliamento e la provenienza: per la prima volta, l’informazione sul vino approda in tavola.

L’etichetta su carta soppianta i tickets per la sua semplicità ed economicità. Sono i produttori di Champagne, nell’Ottocento, i primi a sentirne l’esigenza, seguiti dai produttori di Porto. Bottiglia ed etichetta, a livello concettuale, si separano per sempre: d’ora in avanti, le singole aziende realizzeranno specifiche etichette da applicare sulle bottiglie. Nasce la personalizzazione dell’informazione enologica. Il metodo tipografico è quello della litografia, inventata alla fine del Settecento. In principio si utilizzano modelli ingentiliti da decori generici, con un pre-stampato “18_ _” da completare a mano, con il nome del produttore. La stampa policroma e, dal 1837, la cromolitografia assecondano la crescente creatività delle aziende. In Italia, i primi modelli sono molto semplici, con fregi lineari e piccole dimensioni, adatte a bottiglie non prive di irregolarità. Nel corso del secolo, le cose cambiano: sull’esempio di Bordeaux e della Borgogna, si affermano i motivi dorati e il “medagliere”, per segnalare le onorificenze e i premi ricevuti in occasione di concorsi ed esposizioni internazionali. L’abuso, e in certi casi l’uso scorretto, di tali segnalazioni porteranno al successivo divieto. Ma ormai la fantasia ha preso il sopravvento, e l’etichetta diventa a tutti gli effetti la “seconda pelle” del vino, o una sorta di “lavagnetta” su cui esprimere opinioni, idee, punti di vista, sul vino e non solo.

 

 

 

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